Studio peren - Brevetti per invenzioni industriali e Marchi: Comunicato Stampa
  • 25 lug Studio peren - Brevetti per invenzioni industriali e Marchi
    16:04 - 25 lug 2012 Lecce (LE) www.peren.it

    Record di brevetti per la Germania

    Patent è uno di quei «falsi amici» che traggono in inganno quando si traduce dal tedesco all'italiano, e viceversa. Non vuol dire patente di guida, ma brevetto. Ed è un falso amico che spiega perché la Germania è in testa in Europa. L'anno scorso nessun paese della Ue ha registrato tanti brevetti come la Repubblica federale, anzi i ricercatori e le industrie tedesche sarebbero in testa nella classifica mondiale, se si tenesse conto della popolazione.

    In base ai brevetti per milione di abitanti, la Germania supera anche gli Stati Uniti, con un rapporto 2 a 1, ma questi sono calcoli per i maniaci delle statistiche, che riescono sempre a trovare un dato favorevole. Berlino non ha bisogno di stravincere. Detiene il record dei brevetti perché spende più di ogni altro paese per la ricerca, sia da parte pubblica che privata e, a quanto pare, non spreca gli investimenti.

    Nel 2011, all'Epa di Monaco, l'Ente europeo per i brevetti, sono giunte 243 mila richieste di registrazione, con un aumento del 3% rispetto all'anno precedente, che aveva stabilito un record con 237.500 brevetti. Il maggior numero proviene da paesi non europei, con una percentuale del 62%, in lieve aumento sul 2010 (61%). In generale, l'Europa rimane costante, mentre sale lentamente l'Asia, e calano gli Stati Uniti, dal 26 al 24%. In testa troviamo la Cina, con un incremento del 5% che la porta al 7% del totale, e il Giappone, con un aumento del 18% e una percentuale sul totale sempre del 18%. Tra i paesi non europei, sono notevoli gli incrementi dell'India (più 13%), della Russia (più 26%) e del Brasile (più 11%), ma che sono sempre agli ultimi posti in assoluto.

    In Europa, la Germania non teme concorrenza: registra il 14% dei brevetti, quanto tutti gli altri principali concorrenti messi insieme: la Francia giunge al 5%, la Svizzera al 3%, come la Gran Bretagna e l'Olanda. Non vengono comunicati i dati relativi all'Italia, ma questa è ormai un'abitudine, quasi in ogni statistica. Ce l'avranno con noi o non siamo più rappresentativi? Un risultato dovuto anche all'investimento. Dal 2005 in Germania le spese pubbliche per la ricerca sono aumentate del 50%, da 9 a 13,7 miliardi di euro. E le imprese private sono state ancora più generose: hanno investito 47 miliardi per la ricerca e per lo sviluppo di prodotti già esistenti.

    In rapporto al pil, Berlino è passata dal 2,51 al 2,82%, senza tuttavia raggiungere ancora il 3% indicato come auspicabile dall'Ue, ma spende sempre più di ogni altro paese in Europa. La media della Comunità è poco inferiore al 2%, e noi ne siamo ben lontani: nel 2010 l'Italia ha speso per la ricerca l'1,26% del pil, solo Ungheria, Polonia e Grecia hanno fatto peggio. E poco più della metà (il 53%) dei 19 miliardi di euro proviene dalle industrie private. Noi ci lamentiamo della cosiddetta fuga di cervelli? In Germania, i giovani ricercatori cominciano a tornare in patria, assicura la Frankfurter Allgemeine pur senza fornire dati. Il 30% dei giovani giunge a un diploma superiore, e nel 2010 sono stati 240 mila, un altro record. E con una laurea si ha quasi certezza di trovare un'occupazione adeguata al titolo di studio, anche per chi ha seguito studi umanistici.

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